Autismo e ricerca di autoanticorpi e stress ossidativo per nuovi
trattamenti
ROBERTO COLONNA
NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 12 dicembre 2020.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste
e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Il disturbo pervasivo dello sviluppo cerebrale definito autismo
infantile da Leo Kanner nel 1943 costituisce una categoria clinica
intrinsecamente disomogenea, accomunata da tre tipi di manifestazioni presenti
in misura più o meno marcata in quelli che attualmente si definiscono disturbi
dello spettro dell’autismo : 1) precoci deficit comunicativi non causati da
specifiche lesioni sensoriali o motorie; 2) mancanza della spontanea tendenza
all’interazione con le persone dell’ambiente e capacità ridotta di interagire
alla richiesta dell’adulto; 3) restrizione del campo di interesse nel rapporto
con l’ambiente e comportamenti stereotipati con atti ripetitivi e non
finalistici.
Anche se negli studi condotti fino alla fine degli anni Novanta solo il
5-10% dei piccoli pazienti diagnosticati di disturbo autistico
presentava un dimostrabile contributo eziologico allo sviluppo della sindrome
da parte di cause genetiche, mediche o neurologiche, oggi è chiaro che tratti
di tipo autistico possono essere presenti in condizioni cerebrali fra loro
diverse. Costantemente si osservano condotte di tipo autistico nella sindrome
dell’X fragile (FraX), nella sclerosi tuberosa (ST), in alcuni errori congeniti
del metabolismo, in varie anomalie cromosomiche e in anomalie congenite
multiple, ma talvolta anche nella paralisi cerebrale infantile.
I progressi compiuti nei metodi e nelle tecniche dell’indagine genetica
oggi consentono di riconoscere una notevole importanza ai fattori genetici. La
genetica dell’autismo è complessa, eterogenea e, nella maggior parte dei casi,
poligenica. Attualmente si studiano i ruoli dell’epistasi, cioè dell’interazione
gene-gene, e dell’emergenesi, cioè delle sinergie fra fattori diversi.
È stata proposta e adottata per un certo tempo la distinzione tra autismo
idiopatico e disturbi dello spettro dell’autismo, oggi la tendenza
clinica prevalente adotta i criteri del DSM e dell’ICD, anche se è chiaro che alla
categoria basata sulla sindrome di difetto di comunicazione e interazione con
stereotipie motorie non corrisponde un’eziopatogenesi comune e, dunque, alle
due categorie cliniche di disturbo autistico e disturbi dello spettro
dell’autismo corrispondono entità patologiche differenti.
Tanto premesso, si registra che lo studio neurochimico, biochimico e
immunologico ha rilevato delle caratteristiche comuni ai casi più gravi di
autismo. L’interesse per questi studi è dovuto ad acquisizioni che suggeriscono
nuove strategie terapeutiche a supporto dell’intervento clinico di promozione
delle abilità comunicative, motorie e relazionali.
Vincent T. Ramaekers e colleghi, prendendo le mosse dal rilievo di biomarkers
comuni dell’autismo, quali stress ossidativo, autoimmunità verso il
recettore α dell’acido folico (FRα) e anomalo turnover della serotonina
(5-HT), hanno indagato per 12 anni la reale incidenza delle anomalie che
determinano questi reperti e i potenziali meccanismi fisiopatologici che li
causano, ipotizzando specifici interventi terapeutici.
(Ramaekers V. T., et al. Oxidative
Stress, Folate Receptor Autoimmunity, and CSF Findings in Severe Infantile
Autism. Autism Research and Treatment - Epub ahead of print doi: 10.1155/2020/9095284, 2020).
La provenienza degli autori è la seguente: Center
of Autism, University Hospital Liège (CHU), Liège (Belgio);
Department of Medicine, SUNY-Downstate Medical Center, Brooklyn, New York, NY (USA);
Division of Metabolism, University Children’s Hospital, Zürich (Svizzera).
I bambini con grave autismo infantile
frequentemente presentano autoanticorpi sierici contro FRα, che bloccano
il trasporto dei folati, ossia il passaggio nel cervello dell’essenziale
vitamina acido folico attraverso la barriera emato-encefalica (BEE). I
genitori sono spesso portatori asintomatici di questi autoanticorpi sierici
contro il recettore dei folati che, in particolare nella madre, possono avere
un effetto patogenetico durante la gravidanza, bloccando il passaggio di acido
folico attraverso la placenta, con conseguente deficit della vitamina e dei sui
effetti nel feto. Questo difetto di folati è stato associato, in base a
numerose osservazioni, a deficit del tubo neurale e autismo.
Lo stress ossidativo
costituisce, come è noto, uno stato fisiopatologico caratterizzato dalla presenza
di un alto livello di specie tossiche di derivati dell’ossigeno, attribuito a
uno squilibrio tra formazione di questi composti e processi fisiologici di
protezione della cellula dalle specie reattive dell’ossigeno. Lo stress ossidativo
è stato rilevato nelle forme gravi di autismo infantile, nelle quali le specie
reattive dell’O2 possono causare danni del DNA, che modificano la
funzione del DNA e la regolazione dell’espressione genica. Inoltre, come è
apparso evidente nello studio condotto da Ramaekers e
colleghi, la quantità eccessiva di queste specie reattive dell’ossigeno
esercita un effetto negativo sugli enzimi che intervengono nella biosintesi
della serotonina (5-HT), neurotrasmettitore implicato in numerose funzioni
di neurotrasmissione e neuromodulazione di circuiti attivi nel mantenimento del
tono dell’umore, dell’equilibrio sonno-veglia e di numerose altre funzioni
psichiche e neurovegetative. Intorno al 30% dei bambini affetti da disturbo autistico
presenta una diminuzione dei livelli cerebrali di serotonina.
Lo studio
di Vincent T. Ramaekers e colleghi, che ha osservato e verificato
longitudinalmente, con i loro genitori, 38 bambini affetti da grave autismo e
24 bambini sani fungenti da gruppo di controllo, ha ripetutamente eseguito test
per autoanticorpi sierici FRα, per metaboliti di dopamina (DA) e
serotonina (5-HT) nel fluido cerebrospinale (CSF), per le pterine e per il
composto N5-metiltetraidrofolato (MTHF). Per stabilire delle
correlazioni fra le variabili osservate, i ricercatori hanno eseguito analisi
statistiche. È stata poi condotta l’analisi genetica dei geni codificanti le
proteine della ricaptazione della serotonina: SLC6A4 e SLC29A4.
I risultati hanno evidenziato che,
rispetto ai bambini di controllo sani, gli autistici presentavano un
significativo aumento di danno ossidativo del DNA nei linfociti, un innalzamento
del livello di ceruloplasmina[1] e rame, con un elevato rapporto rame/zinco, incremento di attività della superossido
dismutasi (SOD) e delle tioloproteine.
I livelli di vitamina C erano significativamente diminuiti. Nella maggior parte
dei bambini autistici erano bassi anche i livelli di vitamina A e D.
Rinviando al testo dello studio
originale per il dettaglio dei dati – inclusi quelli relativi ai genitori – raccolti
in oltre dieci anni di monitoraggio, si propone un’interpretazione sintetica
degli esiti dello studio.
Sono state trovate nell’autismo
grave varie combinazioni fra la presenza di autoimmunità FR e di stress
ossidativo, entrambi suscettibili di trattamento. Gli autoanticorpi genitoriali
e prodotti dai bambini dopo la nascita tendono a bloccare il passaggio dei
folati attraverso la BEE, incidendo sulla fisiologia delle vie biochimiche
dipendenti dall’acido folico; tale fisiologia può essere ristabilita con uno
trattamento a base di acido folico. L’anomalo redox status tende a
causare anomalie nel ricambio della serotonina che possono essere corrette
mediante terapia antiossidante.
Dall’insieme dei
dati emersi da questo accurato studio avviato nel 2008, si desume l’utilità di indagare
i bambini diagnosticati di disturbo autistico, o disturbo dello spettro dell’autismo,
mediante esami di laboratorio per accertare lo stress ossidativo e la sua origine, così come la presenza di autoanticorpi contro il
recettore dei folati FRα, per istituire le opportune misure terapeutiche che
sicuramente potranno contribuire al miglioramento dello stato neurofunzionale
di fondo dei pazienti.
L’autore della
nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la
correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto Colonna
BM&L-12 dicembre 2020
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